Arrivederci in cielo

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In una splendida giornata di sole, venerdì 18 Marzo 2016, con mio marito, sono andata a Perugia a dare l’ultimo saluto a Tarcisio Mezzetti, il fondatore della Comunità Magnificat. Alle tre del pomeriggio, nel Duomo, è stata concelebrata la Santa Messa in suffragio, presieduta dall’arcivescovo Monsignor Gualtiero Bassetti. La bara di Tarcisio sul pavimento era circondata dai suoi numerosi “figli”, venuti da ogni parte d’Italia a salutarlo con gratitudine e commozione. In un’atmosfera di gioia, riempita dai canti della Comunità, che toccavano nel profondo del cuore, i familiari sorridevano ed abbracciavano tutti. Poi è iniziata la Santa Messa e, attraverso la liturgia del giorno, il Signore ha cominciato a parlarci. Ci ha parlato di te, caro Tarcisio. “In quei giorni Abram si prostrò con il viso a terra e Dio parlò a lui: “Quanto a me, ecco, la mia alleanza è con te: diventerai padre di una moltitudine di nazioni …e ti renderò molto, molto fecondo…Stabilirò la mia alleanza con te e con la tua discendenza dopo di te di generazione in generazione, come alleanza perenne, per essere il Dio tuo e della tua discendenza dopo di te.”(Gen17, 3-9). Al termine della celebrazione, dalle testimonianze dei figli Gessica, Luca e Daniele è venuta fuori la tua storia, la storia di un padre meraviglioso, che ha saputo amare di un amore pieno di tenerezza. Alla tua prima incredibile esperienza di Dio, quando ti fu consegnata questa parola (Gen 15, 5): “Guarda in cielo e conta le stelle se riesci a contarle. Tale sarà la tua discendenza”, ti chiedesti: “Cosa vorrà dire?” Seguì poi un’altra sconvolgente esperienza nella quale ti fu messa in mano una cazzuola d’oro e sentisti una voce che diceva: “Con Gesù, su Gesù, costruisci!” Quella chiamata era rivolta proprio a te! Sentisti in cuor tuo di dover rispondere offrendo la tua vita a Dio. Hai dato tutto senza riserve: tempo, soldi, casa, notti, giorni, lacrime, cuore. Tanti eventi, persone, ostacoli hanno cercato di fermarti, ma tu dicevi che sentivi come un dito puntato dietro la schiena a cui non potevi resistere, proprio come San Paolo quando dice: “L’amore del Cristo ci spinge” (2Cor 5,14). Quante persone sono venute ai tuoi seminari per una parola che potesse illuminare la loro vita! L’incontro con te ha rimesso in piedi tanti matrimoni vacillanti, tante persone sono state riprese per i capelli e si sono sentite rigenerate di nuovo. Ti è stato dato il dono della paternità: hai un modo di amare che è quello di un padre. Tante persone hanno testimoniato che quando le hai abbracciate, hanno sentito l’abbraccio di Dio Padre. Ora ti porti dietro tutti questi figli che Gessica vorrebbe che tu indossassi come una corona. Con te era impossibile non imparare ad amare Dio, anche solo per imitazione. San Paolo scriveva: “Fatevi imitatori di Cristo”. E tu eri, e sei di Cristo! Sei stato un padre nella carne e nella fede e hai generato tanti figli come il Signore ti ha comandato. Il tuo nipote Giacomo ci ha raccontato che non sei stato un nonno semplice, che spesso ti scordavi dei compleanni ed eri un po’ diffidente dei fidanzati delle tue nipoti, soprattutto se neocatecumenali. Ma a tutti i tuoi nipoti, a tutti i giovani, hai insegnato, anzi hai dimostrato che Dio esiste. Ai loro occhi ciechi hai mostrato la bellezza della fede, la meraviglia di lasciarsi trasportare da Dio. Hai insegnato che “costruire con Gesù” significa combattere senza stancarsi mai, combattere se stessi, il proprio egoismo, la pigrizia, il peccato, le difficoltà della vita che nella tua sono state tante e delle quali non ti sei mai lamentato. Combattere sì, ma non da soli, coscienti che Dio non ci lascia mai. “Costruire su Gesù” significa non stancarsi mai di cercarlo, non sentirsi mai arrivati, non appoggiarsi mai sulle proprie certezze. La tua fede era grande! Quante vite hai salvato attraverso il tuo sì! Nonostante la malattia e la vecchiaia, hai usato il tuo corpo e il tuo cuore per insegnare ad amare Dio e i fratelli. Hai insegnato che ogni uomo cerca la gloria, ma solo chi cerca la gloria di Dio non rimane deluso. Questa è la grande eredità che lasci a tutti noi. Poi tutti in piedi, con le mani alzate al cielo, abbiamo cantato l’ultimo canto (da Ap 22, 3-5). “In mezzo alla Gerusalemme celeste sarà il trono di Dio e dell’Agnello ed i suoi servi l’adoreranno, vedranno la sua faccia, porteranno il suo nome sulla fronte. Non ci sarà più la notte, non si avrà più bisogno di luce di lampadari o di sole, perché l’Agnello sarà la loro luce. Li illuminerà. Egli è la luce che li illuminerà”. Signore, ti ringrazio per il dono di questo fratello e, come ha detto Daniele, voglio chiederti di aiutarci a far nostra, e conservare nel cuore, la promessa che Tarcisio ripeteva: “Sarò tutto tuo, o Cristo!”.

Amen!

Roberta

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